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Disbiosi intestinale: il trattamento con la Kenesiologia applicata

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Disbiosi intestinale e malattie autoimmuni: il trattamento olistico con la Kinesiologia applicata e i fitocomplessi delle piante medicinali.

Il microbiota intestinale (flora batterica) ha un ruolo critico in quel tipo di patologie in continua crescita nel mondo moderno, cioè quelle autoimmuni (artrite reumatoide, sclerosi multipla, lupus eritematoso, fibromialgia, sindrome di Sjogren, diabete e morbo di Chron).

Ciò è ormai ampiamente documentato da numerosi lavori pubblicati sulle prestigiose riviste scientifiche. In esse è stato dimostrato che la disbiosi (alterazione) del microbiota e l’aumento di batteri specifici possono produrre metaboliti tossici ad azione infiammatoria della mucosa e di incremento della permeabilità intestinale. Il tutto comporta un’iper-reattività del sistema immunitario e un innesco del processo infiammatorio, a causa delle macromolecole alimentari e dei batteri che passano direttamente nel circolo emolinfatico. Altro fattore da tenere in considerazione nell’aumento di tale permeabilità è l’assunzione di glutine nei soggetti geneticamente sensibili come quelli portatori del polimorfismo per le HLADQ8/2, che porta ad un’eccessiva produzione di zonulina nell’intestino (tale proteina regola le giunzioni delle pareti intestinali).

Anche le cause che comportano l’insorgenza della disbiosi intestinale sono ormai note:

  • un’alimentazione scorretta
  • un abuso di antibiotici e farmaci steroidei
  • condizione di stress prolungato
  • additivi chimici

Un recente studio dell’Università di San Paolo, in Brasile, ha anche dimostrato come la composizione del microbiota intestinale varia a seconda del livello di assunzione di vitamina D e della concentrazione della sua forma biologicamente attiva, la 25-idrossi vitamina D (una sua deficienza sembra direttamente correlata in particolare con l’insorgenza della sclerosi multipla). D’altro canto, anche il proliferare sul mercato attuale di probiotici “miracolosi” in grado di riportare in equilibrio la flora batterica è in qualche modo controproducente, dato che si corre il rischio di sbilanciare ulteriormente alcuni ceppi batterici a scapito di altri, non tenendo in considerazione il fatto che se non si elimina la causa della disbiosi ben presto si avrà comunque un ritorno alla situazione precedente.

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Disbiosi intestinale: la cura con la Kinesiologia applicata

Da una parte l’approccio puramente allopatico delle malattie autoimmuni può in qualche maniera portare un miglioramento della qualità di vita dei pazienti da un punto di vista della remissione di alcune sintomatologie. Tuttavia appare ormai evidente come il futuro (ma anche il presente) del contrasto a tali patologie risieda nell’affrontarle in maniera biointegrata, cioè affiancando ai mezzi “tradizionali” della medicina classica una visione più olistica del problema.

Una delle tecniche diagnostiche impiegate in tal senso è senz’altro la Kinesiologia Applicata, dove di ogni paziente viene presa in considerazione sia la componente strutturale (anche da un punto di vista della costituzione), sia quella biochimica e sia quella psichica. In tal modo si cerca di risalire alle cause che hanno generato i disturbi (citando Ippocrate, “è più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona”).

Quindi, per ogni persona si elaborata una terapia personalizzata anche in base alle risposte che il suo corpo fornisce ad alcuni test muscolari.

L’approccio Kinesiologico verso la disbiosi intestinale sarà incentrato comunque verso un’adeguata alimentazione, ma anche sull’utilizzo di fitocomplessi in grado di agire sia direttamente a livello dell’apparato digerente che a livello psicoemotivo, visto che anche problematiche di tale genere sono direttamente correlate al buon funzionamento dell’intestino.

Impiego dei fitocomplessi per la disbiosi del microbiota

Quello che fa la differenza nella cura della disbiosi intestinale è l’utilizzo di fitocomplessi rispetto ai preparati a base di singole piante o medicinali basati sul principio attivo ricavato da esse. Questo perché l’azione terapica esercitata dalla fonte vegetale, la stessa di quella del singolo principio attivo, è data dalla somma degli effetti del principio attivo con quelli del fitocomplesso. La somministrazione della fonte naturale può determinare minori controindicazioni rispetto all’uso del principio attivo isolato chimicamente; questo perché il fitocomplesso ha un’azione sinergica al principio attivo e contribuisce a modularne l’azione.

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                Luana Bianchi Kinesiologa e Naturopata

 

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